CLASSIFICAZIONE DEI DISTURBI PSICOTICI


Il DSM-IV classifica i disturbi psicotici nelle seguenti categorie:

 -Schizofrenia

-Disturbo Schizofreniforme.

-Disturbo Schizoaffettivo.

-Disturbo Delirante.

-Disturbo Psicotico Breve.

-Disturbo Psicotico Condiviso.

-Disturbo Psicotico Indotto da Sostanze.

-Disturbo Psicotico NAS.

SINTOMI PSICOTICI: DEFINIZIONI

L’aspetto “psicotico” del sintomo ha avuto diverse definizioni:

1        Definizione più ristretta: i sintomi psicotici corrispondono ai deliri e allucinazioni della cui natura patologica il soggetto non è consapevole.

2        Definizione meno restrittiva: i sintomi psicotici corrispondono sia ai deliri e alle allucinazioni della cui natura patologica il soggetto è consapevole che di quelli di cui non è consapevole.

3        Definizione più ampia: i sintomi psicotici oltre ai deliri e alle allucinazioni includono anche altri sintomi positivi. 


MODELLI PSICOANALITICI DELLE PSICOSI


Secondo Kernberg le caratteristiche specifiche delle psicosi sono: assenza di differenziazione tra sé e oggetto ed esame di realtà compromesso.

Per  Freud la Psicosi è dovuta ad una regressione al funzionamento psichico infantile, in cui il bambino soddisfa i propri bisogni attraverso fantasie allucinatorie onnipotenti.

Tuttavia, ricerche recenti sull’infanzia negano che il neonato sperimenti delle condizioni allucinatorie simil-psicotiche per soddisfare i propri desideri e che non sia in grado di differenziare se stesso dal mondo esterno. Inoltre il bambino, sin dalla nascita, entra in una relazione attiva con il mondo esterno, al contrario degli psicotici che tendono ad isolarsi dal mondo esterno.

Mentre la psicoanalisi classica afferma una continuità tra normalità e patologia, per i modelli contemporanei la Psicosi  è la conseguenza di processi psichici anormali, patogeni.

Per Searls, ad esempio, il paziente schizofrenico ha avuto delle figure significative  che hanno “tentato di farlo impazzire”, dunque il disturbo sarebbe imputabile quasi esclusivamente a fattori ambientali.

Ping-Nie Pao, ha distinto tre fasi nella schizofrenia:

- FASE ACUTA o panico organismico in cui insorgono i sintomi e il funzionamento psichico è molto regredito.

- FASE SUBACUTA in cui si verifica la costruzione di un nuovo sé, ancora fragile.

- FASE CRONICA in cui si ha la stabilizzazione del nuovo sé.

I sintomi psicotici si sviluppano in 5 stadi: all’inizio un determinato evento fa riesplodere conflitti rimossi che attivano difese primitive; poi segue la Frammentazione del sé e il crollo della funzione integrativa dell’Io, cui segue la ricerca di una soluzione, la riattivazione dell’integrazione dell’Io, la nascita di un sé alterato e quindi la genesi dei sintomi psicotici.

 Secondo Jung, il fondatore della Psicologia Analitica, la psicosi deriva dalla rottura del cosiddetto “meccanismo di compensazione” che ha la funzione di mantenere in relazione coscienza e inconscio e che tiene unita la psiche. In tal modo viene fuori il contenuto dell’inconscio che, non essendo organizzato, causa la disorganizzazione di tutta la personalità. La  coesistenza di Io e inconscio determina poi sentimenti ambivalenti e contrastanti. Nella psicosi emerge sia l’inconscio collettivo che individuale. La psicoterapia delle psicosi per Jung, si fonda sul considerare l’inconscio come un linguaggio per immagini, creativo. In questo modo si può facilitare l’integrazione di quella parte della personalità che è stata prima espulsa dalla coscienza e poi si è imposta nella patologia e rafforzare così l’Io del paziente. 

Inoltre secondo Jung la psicosi è una patologia unica, che non va distinta in varie classificazioni.

La Psicosi latente infine è la parte irrazionale che è presente nell’inconscio di ognuno.

 M. Klein, riprendendo Freud, ha definito la psicosi come una regressione o fissazione alla fase schizo-paranoide. I pazienti psicotici presenterebbero desideri, angosce, meccanismi di difesa tipici dei primi 3-4 mesi di vita. Dopo la nascita infatti, il bambino ha un’angoscia di annientamento o disintegrazione, che è associata alla pulsione di morte. Per difendersi da questa angoscia proietta una parte della sua pulsione di morte sul mondo esterno, in particolare su un oggetto parziale, il seno materno, che è sperimentato come seno cattivo, e fonte dell’angoscia paranoide. Al contrario la proiezione su oggetti esterni della pulsione di vita e delle esperienze gratificanti, determina l’esperienza di un seno buono.  In questa fase o posizione psichica, detta schizo-paranoide, il mondo affettivo e relazionale del bambino è caratterizzato dall’oscillazione tra una relazione amorevole con l’oggetto buono e una relazione aggressiva e piena di paure con l’oggetto cattivo. Il bambino inoltre mette in atto dei meccanismi di difesa che caratterizzano sia le sue fantasie inconsce che la realtà: (introiezione, proiezione, identificazione proiettiva, idealizzazione, diniego). L’aggressività primitiva può portare alla disintegrazione dell’oggetto, che può essere sia interno (fantasia) che esterno: questo è il meccanismo alla base dell’angoscia psicotica di disintegrazione interna.

Nello sviluppo (fase o posizione depressiva) si verifica il passaggio dalla relazione con oggetti parziali alla relazione con oggetti interi ambivalenti (buoni e cattivi allo stesso tempo), il bambino adesso ha paura di aver distrutto l’oggetto buono, e sperimenta sensi di colpa e angoscia depressiva. Secondo la Klein il paziente psicotico non è mai riuscito ad elaborare (o a provare) le angosce tipiche della posizione depressiva e quindi è rimasto fissato o è regredito alla fase schizo-paranoide.

 Per Rosenfeld, gli Stati confusionali, tipici della psicosi, sono dovuti al fallimento dei processi di scissione, cioè i processi attraverso cui le parti buone del sé e gli oggetti buoni vengono mantenuti separati e protetti dalle parti del sé e gli oggetti cattivi. La confusione tra sé e oggetto sarebbe inoltre la conseguenza di un uso eccessivo del meccanismo difensivo (patologico) dell’identificazione proiettiva.

 Secondo Winnicott,  la psicosi deriva dalla costruzione di difese che possano proteggere da angosce legate all’interruzione del senso dell’essere. Il bambino dopo la nascita è in uno stato di non integrazione dell’Io, per cui è necessaria una madre “sufficientemente buona”, in grado di identificarsi con lui e di contenerlo (holding) in modo adeguato, così che il bambino possa percepirsi come “unità psico-somatica”. 

La capacità della madre di identificarsi con i bisogni del bambino, non imponendogli i propri, e di rispondere adeguatamente, consente al bambino di sviluppare il “vero sé”, cioè il senso di autenticità e realtà.

Un fallimento precoce della madre in questi funzioni invece, determinerebbe nel bambino traumi e momenti di “agonia impensabile” (sensazione di andare in pezzi, non avere più nessuna relazione con il proprio corpo o con la realtà esterna etc.). Poiché il bambino non  ha un apparato psichico così sviluppato da poter sostenere a lungo queste angosce, mette in atto una serie di difese tipicamente psicotiche: disintegrazione, depersonalizzazione, ritiro.

Infine, nel caso in cui l’ambiente sia inattendibile e imprevedibile (a volte buono a volte cattivo), il bambino sviluppa uno stato confusionale per difendersi, rifugiandosi nelle allucinazioni e negli stati di ritiro, in cui gli oggetti con cui relazionarsi sono interni e adeguati ai propri bisogni (onnipotenza).

Infine Bowlby, in seguito ai suoi  studi su bambini con sintomi psicotici ospedalizzati, ha ipotizzato che i  pensieri e i comportamenti deliranti siano strettamente legati ad esperienze di abuso o maltrattamento: ad esempio l’intensa paura di essere attaccati da un mostro immaginario sarebbe una trasformazione di una figura di attaccamento vissuta come fonte di pericolo. Tale ipotesi non è stata però confermata. 

 

 

 

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