Teoria della Gestalt


- ENIGMI  DELLA  PERCEZIONE

Il problema centrale riguardo la percezione è capire in che modo noi percepiamo.

Secondo una forma di realismo ingenuo, noi semplicemente percepiamo la realtà così come essa è. Ma in tal modo non è possibile spiegare fenomeni come gli scotomi, il punto cieco della retina e le illusioni ottiche.

Molti sono gli esperimenti ideati per dimostrare che la realtà può facilmente non essere così come sembra: ad esempio “La sedia di Ames” o l’illusione di Poggendorf. Non sempre vi è congruenza tra ciò che percepiamo e le caratteristiche reali dell’oggetto.

Secondo i gestaltisti, se l’oggetto reale non corrisponde all’oggetto fenomenico, ci si trova di fronte ad un enigma della percezione. Un quesito importante che ci si pone è se la nostra percezione si fondi esclusivamente sui dati provenienti dalla realtà o se noi agiamo attivamente su di essi costruendo il percetto, e se il significato che noi diamo a tale percetto è una caratteristica intrinseca degli oggetti percepiti o è una nostra costruzione.

Secondo la Gibson la stimolazione sensoriale già possiede moltissime informazioni.

Helmoltz invece ritiene che siamo noi a dare il significato in base alle nostre esperienze passate.

- PROSPETTIVA GESTALTICA DEI PROCESSI PERCETTIVI  

Secondo i gestaltisti, la formazione del percetto è soggetta a leggi che rispecchiano processi innati del cervello e che quindi non dipendono dall’esperienza: noi cioè, ad un livello di processo primario, organizziamo gli input sensoriali seguendo leggi che sono espressione di meccanismi innati. Il percetto è quindi una struttura psicologica organizzata, una gestalt, una organizzazione percettiva che si forma seguendo quelle che Wertheimer definisce leggi della forma.

Le leggi della forma sono:

-vicinanza, per cui i punti più vicini costituiscono unità percettive;

-somiglianza, per cui elementi simili costituiscono unità percettive;

-continuità di direzione, ossia le parti poste su una linea continua vengono unificate;

-chiusura, per cui  gli spazi delimitati da margini chiusi sono più facilmente visti come figure;

-esperienza passata, che influisce nella formazione del percetto ma ad un livello di processo secondario quando cioè l’input è già stato organizzato in una gestalt;

-articolazione figura – sfondo, cioè figura e sfondo si differenziano a causa dei requisiti unificatori che rendono la figura una unità percettiva distinta dal fondo.

Queste leggi sono desumibili dai risultati delle ricerche condotte utilizzando il metodo fenomenologico, che consiste nel presentare al soggetto dell’esperimento degli stimoli, nel nostro caso visivi, e nel chiedergli di descrivere la sua esperienza immediata senza dare nessuna interpretazione, concentrando quindi l’attenzione sul processo primario.  

 

 

 

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